«L’identità umana è sempre un’identità sessuata. Ma se dal punto di vista biologico nasciamo secondo due specificazioni definite – il maschile o il femminile –, il corpo sessuato da solo non definisce l’identità della persona, ma è un percorso che parte dal dato biologico, ma che passa attraverso una storia complessa di identificazioni e rispecchiamenti, coinvolgendo il corpo proprio e dell’altro, il linguaggio, le relazioni, il contesto culturale e che ci orienta sul valore e sul significato della nostra identità». Infatti ogni bambino compie un percorso «dalla scoperta della differenza sessuale alla definizione della propria identità, attraverso le sfide sempre personali che deve affrontare». Lo ha chiarito la neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta Mariolina Ceriotti Migliarese, intervenendo ieri mattina alla tavola rotonda su “Identità di genere: approccio psicologico e pedagogico”, secondo incontro del corso interdisciplinare promosso dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione Auxilium.
Secondo Emanuele Fusi, pedagogista e insegnante, «per affrontare con uno sguardo pedagogico la tematica dell’identità di genere occorre partire dal posizionamento degli adulti». È necessario «un atto di consapevolezza e di riconoscimento dei nostri modelli, aspettative, valori di riferimento, riconoscendo che l’azione educativa è sempre orientata e orientante». Tuttavia «questa possibile acquisizione di consapevolezza porta a interrogare il contesto socio-culturale e dunque educativo nel quale ci situiamo: quali sono le posture e gli stili educativi prevalenti? Come questi offrono spazi di individuazione ai più giovani e secondo quali traiettorie formative? Si scopre così che il disorientamento relativo alla messa in questione di sé e alla sua formazione non è che l’emergenza di un modo di abitare l’esperienza che gli adulti, (spesso) con poca intenzionalità, hanno offerto ai più piccoli». Occorre dunque «re-istituire esperienze che permettano l’incontro, la rivelazione e la coltivazione della propria unicità nella relazione e non contro ogni legame. Esperienze che pensino l’individuazione come coindividuazione, assumendo il nostro essere in rapporto alla nostra corporeità e storicità, a ciò che è altro, è prima e verrà oltre noi, cogliendo il nodo di relazione che siamo e risignificando la nostra libertà in opposizione a ogni reificazione».
L.Bad.
Avvenire, 1 dicembre 2024