UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Con lo sguardo educativo di Gesù

Una riflessione di padre Giuseppe Oddone: con i giovani è necessario andare oltre alle apparenze e cogliere la profondità del loro animo
16 Luglio 2020

L’unico aspetto fisico di Gesù sottolineato con frequenza dal Vangelo è l’intensità del suo sguardo: talora è uno sguardo che si innalza al cielo nella preghiera oppure che ruota sull’uditorio che lo ascolta, altre volte uno sguardo che penetra dentro come un fascio di luce ed illumina le profondità della coscienza. Così avviene per il giovane ricco che Gesù fissò (lo guardò dentro, dice il testo greco) ed amò, proponendogli di seguirlo, così avviene per Pietro che ha appena tradito Cristo, il quale passando nel cortile di Caifa guardò e fissò l’apostolo, la roccia su cui aveva fondato la sua Chiesa, ed egli uscito fuori scoppiò in un pianto dirotto di amarezza e di pentimento.

Anche il buon samaritano, passando acconto allo sconosciuto derubato e massacrato dai briganti, lo vide, ma non passò oltre come il sacerdote ed il levita del tempio; invece lo vide e ne ebbe compassione e si fermò per curarlo e portarlo in un luogo sicuro. La parabola ci invita con chiarezza ad avere anche noi gli stessi occhi attenti e misericordiosi di Gesù di fronte alle sofferenze dei nostri fratelli.

Uno sguardo come quello di Gesù e del buon samaritano dobbiamo avere noi insegnanti ed educatori quando avviciniamo i nostri alunni ed i nostri giovani. Di fatto li vediamo ed entriamo in relazione con loro, ma spesso ci fermiamo alla superficie e raramente i nostri occhi riescono ad andare oltre le apparenze, ad arrivare nella profondità del loro animo.  Per lo più molti dei nostri giovani ci appaiono superficiali, con dei comportamenti che non approviamo e che ci infastidiscono, attratti dalla movida e dallo sballo, non educati come vorremmo, chiusi nel cerchio magico del loro smartphone che spalanca loro un mondo virtuale di visioni e di sogni. Ma è necessario andare oltre queste impressioni, penetrare nel loro intimo, cogliere lo stato d’animo che li relaziona con il mondo degli adulti e la società attuale.

Che cosa può sedimentarsi nel cuore di un giovane del terzo millennio? Dobbiamo rendercene conto. Al di là dei pochi fortunati che hanno la sicurezza di avere un futuro garantito da situazioni famigliari, in molti di loro vi è la sensazione, anzi la certezza che il futuro non sia una speranza, ma una minaccia. Le cause sono tante e tutte destabilizzanti: l’incertezza sociale causata dalla disoccupazione dilagante, dal rifiorire del terrorismo e di ideologie violente, dal pericolo di epidemie sconosciute che paiono oggi volteggiare sul nostro pianeta; la difficoltà a trovare sicurezze nella famiglia, spesso travolta da tensioni e da crisi, nella politica che tante volte offre lo spettacolo di contrasti e di interessi inconciliabili, nella religione stessa sentita non come una relazione personale con Cristo, ma  come un insieme di norme morali che soffocano l’istinto e la vita; l’emergenza climatica che pare minare la sopravvivenza stessa della vita futura.

Capire un giovane oggi significa capire che cosa vuol dire affrontare la vita con questi presupposti, in un contesto in cui il problema non è più quale futuro avrò, ma se avrò un futuro. Fermiamoci qui, prima di prospettare soluzioni, cerchiamo di capire semplicemente l’animo, il cuore e la mente, il comportamento individuale e sociale di chi vive l’adolescenza e la giovinezza in questi nostri giorni. Pur conservando le nostre certezze, lasciamoci coinvolgere dalle loro angosce, facciamo nostre le loro paure, e rivolgiamo loro il nostro sguardo.

Dal nostro sguardo empatico e compassionevole, dal nostro cuore pronto ad offrire amicizia e comprensione, come singoli e come gruppo di educatori cristiani, potrà nascere una speranza per la loro vita.

p. Giuseppe Oddone

(estratto da “La Scuola e l’Uomo”, rivista dell’UCIIM)