UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Con l’«Apostolato digitale» l’annuncio allarga lo sguardo

A Torino un’esperienza nata dalla Pastorale Universitaria. Don Peyron: «La Chiesa ha bisogno di ascolto dello Spirito che si fa saperi, lavoro»
1 Giugno 2021

Digitale e apostolato stanno insieme? La realtà di quanto stiamo sperimentando ci dice di sì, anzi ci dice che un mondo già smarrito e ulteriormente provato dal Covid cerca la parola della Chiesa proprio nella trasformazione digitale.

In questi mesi noi di «Apostolato digitale» abbiamo portato un contributo a oltre 80 conferenze, dal Consiglio nazionale forense sino alla cattedra Jean Monnet dell’Università di Torino, dalle associazioni di impresa come Assochange alla Milano Digital Week, per concludere in questi giorni con la Ifc Sustainability Exchange organizzata da Banca Mondiale su sostenibilità, inclusione e tecnologia. Abbiamo parlato a più di 5mila giovani alla Smart Future Accademy e animato un corso su tecnologia e religione voluto dagli studenti di alcune scuole superiori del Centro Italia. Ci è stata chiesta una rubrica settimanale in onda su 23 radio locali e interventi regolari sull’Huffington Post. Domani insieme a Fondazione Leonardo per le Macchine nasce «Civiltà digitale», percorso per affrontare questi temi in relazione ai diritti umani e alla democrazia.

Papa Francesco ha intuito questo bisogno: «L’ambiente digitale rappresenta per la Chiesa una sfida su molteplici livelli; è imprescindibile quindi approfondire la conoscenza delle sue dinamiche e la sua portata dal punto di vista antropologico ed etico. Esso richiede non solo di abitarlo e di promuovere le sue potenzialità comunicative in vista dell’annuncio cristiano, ma anche di impregnare di Vangelo le sue culture e le sue dinamiche». Ci pare di poter dire che il digitale è un segno dei tempi, un luogo teologico in cui fare apostolato non è solo usare tecnologie della comunicazione, ma confrontarsi con le tecnologie emergenti nel loro complesso. Non sono più, come le tecnologie del passato, un mero strumento, ma ormai un motore di senso e di significato. La trasformazione digitale può essere motore di giustizia o ingiustizia, di libertà o schiavitù, luogo di trasfigurazione o alto monte su cui cedere alle tentazioni di chi propone salvezza alternativa. Il mondo, ma anche la Chiesa, hanno bisogno a nostro avviso prima di tutto di pensiero, di ascolto dello Spirito che si fa saperi, visioni, soluzioni, direzioni di lavoro. Ne abbiamo bisogno per poter trarre dal nostro tesoro cose nuove assieme a quelle antiche, da trasfondere nella pastorale ordinaria delle comunità e del- le diocesi, ma anche nella cultura e nei paradigmi economico-sociali che governano la realtà.

Per questo a Torino esiste dal 5 novembre 2019 il «Servizio per l’Apostolato digitale»: non un semplice osservatorio, ma uno strumento a servizio della Chiesa e del dialogo Chiesa-mondo. Pregare, discernere, pensare e agire nella trasformazione digitale si declina oggi in diverse strade. Il 4 giugno presentiamo una nuova laurea magistrale in psicologia dell’innovazione digitale dell’Istituto Universitario Salesiano Torino Rebaudengo che genererà una nuova figura professionale, l’antronomo, uno psicologo che affiancherà i matematici e i fisici nella creazione di tecnologia portando l’umano come norma, principio ispiratore del processo creativo e di progettazione. Stiamo dialogando per creare una laurea analoga in Scienze infermieristiche e un corso di studi superiori con uno dei licei più significativi di Torino. Da tre anni ormai abbiamo un corso di Spiritualità delle tecnologie emergenti all’Università statale e collaboriamo con il Politecnico per Biennale Tecnologia.

Apostolato digitale ad intra significa ancora cultura e pensiero con rubriche mensili su Dossier Catechista e Moralia, il blog de Il Regno con l’Associazione teologica italiana per lo studio della morale. E ancora, la collaborazione con Note di Pastorale giovanile, tre corsi di teologia in altrettanti corsi di laurea: Economia alla Cattolica di Milano, Scienze infermieristiche al Cottolengo e Psicologia con Iusto. Il progetto «Pompei Lab» – dal nome della parrocchia Madonna di Pompei a Torino in cui trova casa – tenta di far atterrare tutto questo nella pastorale ordinaria. Un oratorio in cui gli universitari si trovano e dialogano sui temi del digitale, creano codice e si ritrovano per partecipare a competizioni mondiali sull’uso dell’intelligenza artificiale per il bene comune, corsi di alfabetizzazione digitale per le persone anziane, incontri per genitori e adulti per capire il digitale e la sua portata, un post-Cresima in cui i ragazzi imparano a testimoniare la fede facendo pagine di Wikipedia e i più piccoli sostituiscono il vecchio cartellone con la programmazione di robot didattici, guidati dagli studenti del Politecnico. Tutto ciò tentando di essere in ascolto dello Spirito e della Tradizione della Chiesa: è nata per questo una collaborazione con la Fondazione Carlo Acutis che custodisce la memoria del nuovo beato che seppe guardare alle tecnologie con fede autentica. Cosa ci suggerisce il suo carisma nel grembo della Chiesa?

La fede e le domande di fede oggi si confrontano con un modo rivoluzionato dal digitale: le risposte di sempre non devono semplicemente cambiare vestito per adeguarsi a nuovi linguaggi, ma fare i conti con identità formate in un nuovo contesto, con affettività segnate dalla connessione digitale, con attori sociali che si servono del potere computazionale per trasmettere valori lontani dal Vangelo. Lo stiamo raccontando alle comunità, alle associazioni, alle diocesi che ci invitano, in Italia e non solo. Quando papa Francesco ci dice che «l’annuncio alla cultura implica anche un annuncio alle culture professionali, scientifiche e accademiche» ci chiede di provarci, rischiare. «Apostolato digitale» dunque non è il carisma di uno solo, e neppure di un gruppo: è della Chiesa e nella Chiesa, è essere apostoli, non nell’ambiente digitale ma nel mondo che è digitale. Non con il digitale, ma consapevoli che il digitale è parte di noi, del nostro quotidiano, del nostro vivere e sperare, dunque del nostro credere. Un motivo di riflessione anche per il cammino sinodale della Chiesa italiana? La realtà ci suggerisce di sì.

Luca Peyron

Avvenire, 1 giugno 2021