UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Comunità educanti in campo nellʼItalia delle diseguaglianze

In una lettera al ministro Bianchi, la richiesta di individuare cento aree fragili dove concentrare le risorse del Pnrr
7 Dicembre 2021

Ripartire dalla “comunità educanti” per frenare l’avanzata della povertà educativa che la pandemia ha ulteriormente aggravato, allargando anche i divari territoriali già presenti nel Paese. È la proposta lanciata dal Forum disuguaglianze e diversità, che ha individuato cento aree fragili del Paese da cui avviare il progetto, annunciato attraverso una lettera al ministro dell’Istruzione Bianchi, in occasione della presentazione della ricerca “Patti educativi territoriali e percorsi abilitanti. Un’indagine esplorativa”. La lettera è firmata da Fabrizio Barca (ForumDD), Antonella Di Bartolo (dirigente scolastica), Franco Lorenzoni (EducAzioni), Raffaela Milano (Save the Children), Andrea Morniroli (ForumDD), Chiara Saraceno (EducAzioni), Alessia Zabatino (ForumDD), Marco De Ponte (Action Aid), Salvatore Morelli (ForumDD), Elena Granaglia (Università di Roma Tre), Katia Scannavini (Action Aid).

«La pandemia – si legge – ha lasciato tracce pesanti nelle vite e nei percorsi scolastici di migliaia di bambine e bambini, ragazze e ragazzi. Chi prima della crisi sanitaria e della chiusura delle scuole faceva più fatica è stato maggiormente colpito, perché questo tempo ha aumentato le disuguaglianze e reso più dure fragilità e povertà preesistenti, mostrando aperta- mente ciò che già prima non andava. Sempre più dirigenti scolastici, docenti, educatrici ed educatori denunciano l’accrescersi delle povertà educative e degli abbandoni che accrescono l’area del fallimento formativo. La situazione è ancora più difficile in alcune aree del Paese, dove la fragilità educativa è alimentata da marginalità sociale ed economica e da profonde deprivazioni culturali».

Secondo l’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia di Save the children, «tra il 2010 e il 2016 la spesa per l’istruzione è stata tagliata di mezzo punto di Pil e si è risparmiato anche sui servizi alla prima infanzia, le mense e il tempo pieno, lasciando che, allo scoppio della pandemia, i divari e le disuguaglianze di opportunità spianassero la strada ad una crisi educativa senza precedenti». Da qui, dunque, la proposta di recuperare il terreno perduto puntando sul protagonismo delle realtà territoriali attraverso i fondi del Piano nazionale di ripartenza e resilienza (Pnrr), che assegna 3 miliardi di euro alla costruzione di nuovi asili nido e scuole dell’infanzia, con l’apertura di 1.800 cantieri per un totale di 264.480 nuovi posti.

Allo stato attuale, infatti, sempre stando all’Atlante di Save the children, solo un bambino su sette (il 14,7%), usufruisce di asili nido o servizi integrativi per l’infanzia finanziati dal Comuni. Il dato molto basso cela enormi differenze nell’offerta territoriale, causa ed effetto di grandi diseguaglianze: in Calabria solo il 3,1% dei bambini ha accesso al nido, opportunità offerta invece al 30,4% dei bambini che nascono nella provincia di Trento. La spesa media pro capite (per ogni bambina o bambino sotto i 3 anni) dei Comuni per la prima infanzia è di 906 euro ciascuno, con divari che vedono arrivare la spesa a Trento a 2.481 euro e scendere in Calabria a 149 euro. Proprio per superare questo divario territoriale, il 40% delle risorse del Pnrr sarà riservato alle regioni del Sud, tra le aree più deprivate del Paese.

«È proprio in queste aree – aggiungono, però, i firmatari nella lettera al ministro Bianchi – che si sono sviluppate in questi anni straordinarie alleanze educative che hanno visto lavorare insieme, in un’integrazione virtuosa, scuole, comuni, soggetti del civismo attivo e dell’impresa sociale, imprenditori e imprenditrici, operatori e operatrici culturali che sempre più vanno assumendo il compito e la cura dell’educare e dell’istruire, considerandola responsabilità pubblica e collettiva: sono le comunità educanti».

In quest’ottica, dunque, il Forum disuguaglianze e diversità chiede di partire da 100 aree fragili del Paese e dalle comunità educanti che si sono sviluppate intorno alle scuole, superando la logica dei finanziamenti a pioggia. «Serve – conclude la lettera a Bianchi – un governo centrale autorevole, lungimirante e coraggioso che apra una sperimentazione fondata sullo sviluppo educativo locale: la definizione di 100 aree fragili; la costruzione di linee di indirizzo e orientamento che, pur con la necessaria flessibilità, definiscano le finalità e le cornici su cui declinare metodi e operatività delle sperimentazioni locali; la creazione e il consolidamento di Patti educativi territoriali e di comunità con una regia pubblica e locale; un sistema robusto di valutazione quantitativa e qualitativa dell’impatto e dei risultati raggiunti. Si può fare».

Paolo Ferrario

Avvenire, 5 dicembre 2021