UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Chi si pone il problema di educare e di formare?

Se la riapertura degli istituti è soprattutto una questione tecnica
16 Settembre 2020

Ormai è da mesi che si parla di scuola, non era mai successo. Conte elogia gli insegnanti: «Siete un patrimonio inestimabile. Dopo medici e infermieri, ora diventate voi punto di riferimento». Cosa avrà voluto dire il presidente del Consiglio? Che da oggi noi saremo destinati al fronte pandemico? Oppure quell’aggettivo inestimabile indica finalmente l’irrinunciabilità della scuola intesa come luogo di formazione dei cittadini?

A me pare che l’attenzione sia esclusivamente orientata alle problematiche riferibili alle pratiche anti–Covid. Non ricordo alcun intervento, da parte delle autorità competenti, relative al livello educativo–formativo della nostra scuola. È possibile che un ragazzo su tre, statistiche di quest’anno, esca dalla scuola media e non capisce due frasi una connessa con l’altra, sa leggere ma non coglie il senso? È un dato Ocse: il 70% degli italiani non capisce cosa sta leggendo. In Italia si considera forte lettore chi legge due libri l’anno. L’unico settore dell’editoria in positivo è quello dei ragazzi perché gli adulti non leggono, ma questo settore com’è? Sono libri pieni di illustrazioni, come lo sono i manuali scolastici.

Siamo passati da una civiltà della scrittura a quella dell’immagine – ribaltando la storia della civiltà – e questo determina un bel assopimento del nostro cervello. La scuola superiore istruisce, ma non educa. Educare vuol dire aprire la dimensione emotiva e sentimentale dei giovani, perché non c’è solo l’educazione della mente, ma c’è anche l’educazione dell’anima. Uno che ha un sentimento non brucia un extracomunitario, non picchia a morte un coetaneo, non fa il bullo. Red Michael e Meu Deus nemmeno due mesi fa hanno lanciato il loro nuovo singolo, “Conto cash”. Ora sono indagati con l’accusa di aver fatto parte della banda degli stupratori di Pisticci. Da una settimana i giovani fratelli Gabriele e Marco Bianchi, così come Mario Pincarelli, accusati per l’omicidio del 21enne Willy Monteiro Duarte, si trovano in isolamento a Rebibbia.

Sono comportamenti che ognuno di noi, professori, genitori, allenatori, adulti dovremmo provare ad analizzare. Sconsiglio la ricerca di una relazione rigida e assertoria tra causa ed effetto. Questo nostro tempo è complesso e nuovo, facciamo attenzione a spiegazioni superficiali e banali. Che ognuno si interroghi come vuole e può. Noi professori innanzitutto, perché la scuola ha grandi potenzialità quanto grandi sono le responsabilità.

Ma c’è almeno una nota positiva che merita di entrare in questa rapida riflessione, riguarda Nicolò Govoni, ventisettenne italiano che da anni si batte per assicurare l’educazione all’interno dei campi profughi. Un modello basato sull’educazione e sulla protezione dei minori rifugiati, attraverso la costruzione di scuole. Dal volontariato in India alla fondazione della ong Still I Rise, è arrivato alla candidatura al premio Nobel per la Pace. Grazie Nicolò per averci insegnato che la speranza è la passione del possibile.

Fabio Sonzogni

Avvenire, 15 settembre 2020