«Fare rete» nella consapevolezza che «solo cambiando l’educazione si può cambiare il mondo». Il tutto seguendo tre criteri d’azione: identità, qualità e bene comune. È in sintesi il filo rosso del discorso che papa Francesco ha rivolto ai componenti della Fondazione «Gravissimum Educationis», costituita proprio da papa Bergoglio il 28 ottobre 2015 in occasione del 50° anniversario della Dichiarazione del Concilio Vaticano II Gravissimum educationis, da cui la Fondazione ha preso il proprio nome.
E il discorso del Pontefice è partito proprio dall’affermazione che «solo cambiando l’educazione si può cambiare il mondo». Ma per farlo, aggiunge Francesco, è «importante 'fare rete'», che «significa mettere insieme le istituzioni scolastiche e universitarie per potenziare l’iniziativa educativa e di ricerca, arricchendosi dei punti di forza di ciascuno, per essere più efficaci al livello intellettuale e culturale». Un invito che il Papa aveva già sottolineato nel testo della Costituzione apostolica Veritatis gaudium sulle università e facoltà ecclesiastiche.
Duplice il fronte di questo 'fare rete': tra le istituzioni scolastiche al proprio interno, ma anche promuovendo «luoghi di d’incontro e di dialogo» offerti all’esterno. Forte anche il richiamo a vivere l’esperienza di comunità educante «nella quale i docenti e gli studenti non siano collegati solo da un piano didattico, ma da un programma di vita e di esperienza», perché un altro dei compiti dell’educazione è «il non lasciarsi rubare la speranza», perché, ricorda il Papa, «dobbiamo donare speranza al mondo globale di oggi». Dare speranza ed educare in modo globale - insomma dare un’anima a questo mondo globale -, con sfide importanti, come quelle indicate nell’enciclica Laudato si’. Un ampio spettro di sfide e compiti che non lasciano certo senza lavoro gli studiosi e i ricercatori che collaborano con la Fondazione.
«Il lavoro che vi attende, con il vostro sostegno a progetti educativi originali, per essere efficace deve obbedire a tre criteri essenziali» ha proseguito Francesco nel suo discorso durante l’udienza ieri mattina nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico. Tanto lavoro, ma con «tre criteri essenziali». «Anzitutto, l’identità – inizia il Papa –. Essa esige coerenza e continuità con la missione delle scuole, delle università e dei centri di ricerca nati, promossi o accompagnati dalla Chiesa e aperti a tutti. Tali valori sono fondamentali per innestarsi nel solco tracciato dalla civilizzazione cristiana e dalla missione evangelizzatrice della Chiesa».
Il secondo criterio indicato è quello della qualità. «È il faro sicuro per illuminare ogni iniziativa di studio, ricerca ed educazione. Essa è necessaria per realizzare quei 'poli di eccellenza interdisciplinari'» previsti dalla Veritatis gaudium.
Terzo criterio, infine, quello dell’obiettivo rappresentato dal bene comune. «Il bene comune è di difficile definizione nelle nostre società segnate dalla convivenza di cittadini, gruppi e popoli di culture, tradizioni e fedi differenti – ammette il Papa –. Bisogna allargare gli orizzonti del bene comune, educare tutti all’appartenenza alla famiglia umana».
«Un programma di pensiero e d’azione improntato su questi saldi pilastri – conclude il Papa – potrà contribuire, attraverso l’educazione, alla costruzione di un avvenire nel quale la dignità della persona e la fraternità universale siano le risorse globali a cui ogni cittadino del mondo possa attingere».
Enrico Lenzi
Avvenire, 26 giugno 2018
Leggi qui il testo integrale del discorso del Papa: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2018/june/documents/papa-francesco_20180625_gravissimum-educationis.html