Riforma della «buona scuola» completata? A dire il vero il suo cammino inizia proprio adesso. E non si preannuncia affatto in discesa. L’approvazione dei decreti attuativi da parte del governo è sicuramente un punto fermo lungo questo (ennesimo) percorso riformatore del sistema scolastico. E averlo messo è, comunque, un fatto importante e positivo, perché nonostante alcune tenaci zone d’ombra permette, d’ora in poi, di guardare al futuro del sistema nazionale di istruzione su basi concrete, su testi chiari, su finalità esplicite.
Come già accaduto all’inizio della riforma della «buona scuola» (eravamo nel settembre 2014), ancora una volta il passaggio parlamentare e l’ampia consultazione dei soggetti in causa non ha portato a cambiamenti sostanziali rispetto ai testi licenziati lo scorso gennaio dallo stesso Consiglio dei ministri dopo aver ascoltato la titolare dell’Istruzione, Valeria Fedeli. Eppure qualche sottolineatura critica e qualche suggerimento sono stati posti sul tavolo. Ma i tempi stretti – non si dimentichi che la delega al governo scade il prossimo 17 aprile, pena la decadenza della stessa – e la necessità di non toccare gli equilibri trovati hanno portato a una sorta di 'congelamento' dei decreti.
Non in tutti i casi, per la verità: per l’esame di maturità non è passata l’ipotesi della media del 6 tra tutte le materie per essere ammessi all’esame (magari con un 5 in italiano e un 7 in educazione fisica), anche se viene lasciata la possibilità di essere ammessi con l’insufficienza in una materia con una decisione motivata del consiglio di classe. Sempre per la maturità scompare il terzo scritto, quello affidato alla commissione esaminatrice. E qui s’impone una piccola, ma non irrilevante, annotazione: quando venne introdotto venti anni fa, il terzo scritto fu salutato come la possibilità per gli studenti di poter dimostrare le competenze acquisite sul programma realmente svolto e non su quello previsto a tavolino dal Ministero, su cui ci si basa per gli altri scritti uguali per tutti... Al suo posto – ma in altro periodo dell’anno scolastico – sarà introdotta la prova Invalsi per le competenze su Italiano, Matematica e Inglese. Una prova uguale per tutti.
Tra i decreti attuativi, anche quello sul 'Sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 anni' non ha fugato tutte le perplessità, in questo caso della scuola dell’infanzia paritaria, che ha sottolineato come il testo non faccia riferimento esplicito al sistema integrato previsto dalla legge 62/2000, nota come 'legge sulla parità scolastica' – quindi un unico sistema con scuole statali e paritarie e con eguale dignità –, aspetto tutt’altro che marginale per la fetta maggioritaria della scuola dell’infanzia paritaria, composta da istituti retti dai Comuni, dal privato sociale, da congregazioni religiose e parrocchie. Davvero il potenziamento riguarderà la sola fetta – minoritaria – statale? Ecco una delle domande che restano inevase, nonostante l’approvazione dei decreti attuativi.
Dunque nulla di veramente nuovo per la scuola italiana? Sarebbe ingiusto rispondere di 'sì', perché la «buona scuola», oltre a un massiccio piano di assunzioni, alcune novità anche significative le introduce. Si pensi alle potenzialità dell’organico aggiuntivo per ogni istituto, che se ben governato permetterebbe alle scuole di mettere in campo progetti didattici specifici per la realtà in cui opera. O la possibilità per il dirigente scolastico di selezionare parte del personale docente attingendo da graduatorie certificate dal Ministero. E poi tutto il capitolo della valutazione e del merito, che forse sarebbe opportuno sganciare dall’aspetto economico, ma che non può e non deve essere abbandonato.
Insomma, la riforma della scuola inizia proprio ora. Nelle condizione date, ai dirigenti, ai docenti, agli studenti e alle famiglie il compito di volerne essere protagonisti.
Enrico Lenzi
Avvenire, 8 aprile 2017