L’attenzione alla famiglia, la “cura” della società civile e la necessità della dimensione spirituale. Sono questi i temi proposti ieri dal vescovo di Novara, Franco Giulio Brambilla, nel suo Discorso alla città durante la Messa in onore del patrono san Gaudenzio. «Viviamo una grave difficoltà ad educare – ha detto Brambilla –: le famiglie, attonite, cercano intorno qualcuno che dia loro una mano nella formazione dei figli. Anche la denatalità sembra favorita dalla paura che nasce dal compito educativo, il quale per molti è diventato un’impresa impossibile. Bisogna che come Gesù entriamo nella casa e facciamo rialzare la famiglia che ha la febbre, perché ritrovi la sua capacità di servizio. Invito tutti i sacerdoti e le comunità cristiane a dedicare tanto tempo per favorire i cammini educativi dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani. Entriamo nelle case e nelle famiglie, stiamo accanto ai genitori, perché riscoprano la bellezza della casa come luogo degli affetti per crescere e far crescere: diciamo loro che bisogna dare ai figli meno cose e più presenza, più stimoli, incentivi, sostegni, sogni e speranze».
Poi il vescovo si è soffermato sulla cura. «Quanti sacerdoti, uomini e donne, genitori ed educatori, docenti e volontari si dedicano a curare i mali materiali della nostra città. Il volontariato nella nostra città è molto diffuso e fa un servizio encomiabile nella cura di tanti svantaggiati. La Chiesa e la comunità civile ricordano i molti che portano soccorso ai diversi mali che affliggono le persone». Quindi il richiamo. «Nell’epoca della società opulenta e del consumismo, l’enorme ricchezza, materiale e finanziaria, accumulata dalle due generazioni del dopoguerra, ci ha concesso il lusso di abbassare l’asticella della qualità degli studi nella scuola e nell’università. La massificazione dell’istruzione ha avuto come effetto collaterale, forse non previsto e non voluto, l’impoverimento del livello effettivo dell’istruzione ». Alle famiglie Brambilla ha chiesto «una riscoperta dell’alleanza con la scuola e gli ambienti formativi, anche delle nostre comunità cristiane. I docenti non sono nostri nemici nella formazione dei figli. Una società che non apprezza i suoi maestri è destinata a un traumatico tramonto».
Brambilla ha concluso con un richiamo alla «preghiera, luogo dove si educa il desiderio di Dio. Il desiderio di Dio è la sorgente del desiderio dell’altro, perché non sia solo la saturazione del nostro bisogno. I beni, l’istruzione, la scuola, il lavoro, il divertimento, l’incontro con gli altri, non sono solo il tappo del nostro bisogno, ma aprono il cuore al desiderio con cui noi forgiamo il domani, costruiamo il futuro, generiamo la vita e doniamo sogni ai nostri figli».
Paolo Usellini
Avvenire, 23 gennaio 2020