UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Bene il via libera ai fondi per le paritarie

L’agenda dei genitori: Ora accelerare sull’autonomia scolastica
20 Marzo 2021

Finalmente una “buona” notizia per le scuole paritarie: il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ha messo la sua firma sul testo che definisce i criteri ed i parametri per l’assegnazione del contributo destinato alle scuole paritarie. Per l’anno scolastico 2020/21 il finanziamento ammonta a 513.734.589 euro, fondi ormai stabilizzati, a cui vanno ad aggiungersi gli oltre 113 milioni di euro destinati a favorire l’inclusione di studentesse e studenti con disabilità. L’assegnazione complessiva dunque ammonta a oltre 627 milioni di euro.

L’Agesc, pur sapendo che questo è soltanto un piccolo passo, ritiene positivo che il governo si ricordi finalmente delle paritarie che sono una delle due gambe su cui si regge il Sistema nazionale di istruzione. È evidente che il nuovo ministro ha portato un cambio di passo sull’istruzione; ma cos’è la scuola? Possiamo limitarci a stabilire una correlazione tra educazione/istruzione e sviluppo/crescita e tra capitale umano ed economico; oppure preoccuparci degli effetti che la povertà educativa crea: povertà economica e povertà di diritti. In una parola: disuguaglianza.

«Investire sui bambini, sui ragazzi, sugli adolescenti, e anche sui loro docenti» è doveroso, non solo conveniente. Ma, certo, l’argomento economico è sempre più persuasivo (e pervasivo) in un Paese che ha pensato di affrontare la prima grande crisi economica della globalizzazione (coincidente con i cambiamenti legati alla digitalizzazione) tagliando gli investimenti su scuola e ricerca (con i risultati che adesso sono sotto gli occhi di tutti.

L’Italia è il paese d’Europa con i più bassi livelli di istruzione, i più alti tassi di dispersione scolastica e il più alto numero di Neet, cioè di ragazzi che non studiano e non lavorano. Potremmo aggiungere che è anche quello con gli insegnanti più anziani, peggio pagati e dalle carriere più precarie. Dove continuano a esserci differenze troppo marcate tra Nord e Sud, nonostante le indicazioni inequivocabili che vengono dalle rilevazioni nazionali degli apprendimenti (Invalsi), la quantità di fondi sociali europei destinati alle regioni-obiettivo (progetti Pon-Indire), i provvedimenti a favore dell’autonomia scolastica (legge del 1997) che avrebbero dovuto riequilibrare la situazione e si sono invece trasformati in una gara al rimpallo. E questo in una situazione caratterizzata da una presenza sul territorio che non ha eguali in altre istituzioni (40mila scuole circa con 7,5 milioni di allievi nelle scuole statali e oltre 850mila nelle paritarie) e da politiche di inclusione che non hanno pari in Europa (260mila studenti disabili scolarizzati).

Come si può pensare di continuare a governare centralisticamente una situazione di simile complessità, tanto più dopo che la pandemia ci ha mostrato tutti i limiti di una «leale collaborazione tra istituzioni» (oltre che della responsabilità individuale dei cittadini)?

L’insegnamento dell’italiano serve per dare a tutti «le parole per dirlo», cioè il primo strumento per esprimere con autonomia e appropriatezza un pensiero, senza che siano altri ad appropriarsi dei nostri sentimenti, parlando per noi o formulando luoghi comuni passati per buon senso.

Occorre ritrovare la natura profonda della scuola, del suo essere «costruttrice di comunità» in grado di educare le nuove generazioni innanzitutto alla capacità critica. Una definizione che richiama quella data dallo stesso Bianchi nel 2012, alle prese con la ricostruzione dopo il terremoto dell’Emilia: «La scuola è il battito della comunità». L’Agesc condivide la necessità di realizzare la piena autonomia delle istituzioni scolastiche indicata dal ministro Bianchi e sottolinea il fatto che una vera autonomia esige una parità finalmente realizzata, altrimenti si rimane nella situazione dell’attuale monopolio statale della scuola che contrasta con i sistemi di istruzione di tutta Europa e che è responsabile degli insufficienti risultati di preparazione. A questo scopo è necessario anche rafforzare l’istruzione e formazione professionale nel Paese con un adeguato sostegno oltre a restituire agli insegnanti una rilevanza sociale adeguata alla responsabilità che essi assumono nei confronti della società. Auspichiamo che oltre alle parole si arrivi ad un vero cambio di rotta.

Avvenire, 19 marzo 2021