Più attenzione alla cultura. È, in pratica, l’impegno non scritto nero su bianco, in carta bollata e inchiostro indelebile, ma preso convintamente dai numerosi partecipanti, giovedì scorso, alla comunicazione dell’arcivescovo Giuseppe Baturi sul tema «Chiesa e cultura», nell’aula magna della Facoltà Teologica della Sardegna. Una manifestazione veramente ecclesiale, generata dalla volontà di una ventina di associazioni cattoliche di tradurre in iniziative pastorali la raccomandazione del presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, fatta davanti a quasi 300 vescovi lo scorso mese di maggio: «Per non perdere vitalità e capacità comunicativa la Chiesa deve fare i conti con la cultura nel suo insieme, prendendo in considerazione tanto le élite intellettuali laiche che la dominante cultura di massa».
Il numero uno della CEI ha messo davanti all’episcopato italiano non solo una preoccupazione personale, ma anche una sensazione diffusa da alcuni anni tra i fedeli. Cioè quella di «un discorso cristiano che sembra essere diventato insignificante per la vita delle persone: a tal proposito si parla di “esculturazione del Vangelo” dall’orizzonte culturale dell’Occidente. Si sente il bisogno – si legge nei Lineamenti in vista della prima assemblea sinodale italiana, in programma dal 15 al 17 novembre nella basilica di San Paolo fuori le Mura – di una comprensione del cristianesimo, di una vera e propria rilettura del Vangelo e, quindi, anche di una formulazione del suo messaggio, che respiri realmente dei paradigmi culturali del nostro tempo».
Dagli oltre 50mila gruppi sinodali che si sono formati in 226 diocesi italiane, «è venuta con chiarezza – ha detto l’arcivescovo di Cagliari – la necessità di parlare di cultura» anche perché dietro l’angolo si avverte il rischio dell’insignificanza. A questo proposito alcuni intellettuali cattolici rimproverano alla Chiesa italiana di avere rassegnato le dimissioni da qualsiasi tentativo di elaborazione culturale. Non è così nel magistero dei pontefici e nei risultati dei convegni nazionali decennali della Chiesa italiana, ripercorsi da Baturi nella sua relazione sulla parola dei Pontefici, soprattutto Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e papa Francesco.
Il Papa polacco ha più volte ricordato che «la cultura è un terreno privilegiato nel quale la fede si incontra con l’uomo» . «Non può esistere – ha precisato l’arcivescovo – una fede senza che tocchi l’uomo vivente in una particolare realtà locale. Il Verbo si fa carne, entrando nella storia degli uomini, negli ambienti, nei cantieri, nelle famiglie, nelle scuole e negli ospedali abitati dall’uomo. La fede deve rincontrare l’uomo e non può farlo se non attraverso la cultura».
Monsignor Baturi ha indicato quattro urgenze su cui chiama tutta la Chiesa locale a un specifico impegno: il tema cultura è connesso a quello dell’evangelizzazione e del dialogo; la cultura è una porta spalancata verso l’educazione; il discernimento comunitario per leggere i segni dei tempi secondo il pluralismo culturale. Temi vitali che richiedono la mobilitazione di tutti.
Mario Girau
Avvenire-Il Portico Kalaritana, 27 ottobre 2024