Per Gualtiero Bassetti è come un rendez- vous fra amici di vecchia data. Anche se nell'aula magna dell'Università "Mediterranea" di Reggio Calabria, dove il cardinale entra a metà del pomeriggio di ieri, l' età di chi lo attende non supera i trent'anni. Eppure si conoscono da parecchio Bassetti e la Federazione universitaria cattolica italiana. Lo dimostra il fatto che, quando era vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, saliva ogni anno a Camaldoli per dialogare con i "suoi" ragazzi che sui passi di Giovanni Battista Montini tenevano (e tengono ancora) le loro Settimane teologiche estive nel monastero dell'Appennino. Adesso che è presidente della Cei, Bassetti li incontra non sulle montagne toscane, ma a due passi dallo Stretto. Chiamato a inaugurare il 67° Congresso nazionale della Fuci. E agli studenti affida un mandato: «Vi chiedo di essere in prima fila nella grande sfida per il rinnovamento nella Chiesa e nella società». Perché la comunità ecclesiale «da sempre guarda ai giovani» con «serietà, amore e autorevolezza» e «li vuole protagonisti», aggiunge. Lo testimonia il Sinodo dei vescovi sui giovani in programma a ottobre. E proprio l' appuntamento Fuci in terra calabra è una sorta di "cortile dei Gentili" con il quale gli universitari cattolici vogliono prepararsi all' evento autunnale. Perciò hanno scelto come tema "Ri-generazione" non nascondendo di essere "confusi, connessi, innovativi", come evidenzia il titolo.
Ad aprire l' incontro è l' arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Giuseppe Fiorini Morosini, che sollecita i fucini a investire sulla cultura. Poi tocca al presidente della Cei parlare ai ragazzi arrivati da tutti Italia con «la sapienza di un vecchio», sorride. «Oggi si discute spessissimo di giovani, forse troppo, ma ho la netta sensazione che lo si faccia con superficialità. Viviamo in una realtà sociale pervasa da immagini stereotipate di giovani bellissimi e fortissimi che occupano le copertine patinate e molte pubblicità». Ma anche «tutto il discorso pubblico è caratterizzato da una retorica giovanilistica, soprattutto in politica, in cui molti dicono di spendersi per le giovani generazioni e ripetono a memoria ritornelli, più o meno credibili, assicurando che "il futuro è dei giovani"». In realtà, confida il cardinale, «si ha la sensazione di ascoltare un copione recitato a soggetto, senza anima e cuore». Ed è qui che si colloca l' imminente Sinodo voluto da papa Francesco. «Di fronte all' effimera leggerezza con cui ci si riferisce alle giovani generazioni - riflette l' arcivescovo di Perugia-Città della Pieve - si staglia la preoccupazione sapiente di una Chiesa che è un' autentica madre dei suoi figli».
Nel suo intervento il presidente della Cei cita il sindaco "santo" di Firenze, Giorgio La Pira, per dire che «i ragazzi sanno già quale sia la direzione come le rondini» e tocca «agli adulti accompagnarli». Ricorda l' Esortazione apostolica Amoris laetitia per evidenziare che i giovani sono «disorientati» e rappresentano i «nuovi poveri» che convivono «con una precarietà economica umiliante ». Richiama don Lorenzo Milani per sottolineare che l' unica risposta alla ricerca dell'uomo è «la fede in Cristo» che non va vista come «qualcosa di artificiale aggiunto alla vita » ma come un «modo di vivere e di pensare». E fa riferimento a don Tonino Bello e al suo invito ad «aiutare l' altro a diventare protagonista della propria vita» per chiedere agli adulti di «educare all' amore» e ai ragazzi di coniugare «la libertà con la responsabilità ». Quindi ai «cari giovani» - come li definisce - Bassetti dice di non cadere in «scorciatoie e compromessi», di non «cedere alle lusinghe effimere». Perché, chiarisce, «la vita vera è una vita di incontro e non di divisione, di carità e non di potere, di amore e non di sentimenti».
Bassetti sa di avere davanti a sé le "nuove leve" di una Federazione che «ha contribuito alla costruzione e alla ricostruzione del Paese », ribadisce. Ed evoca Igino Righetti, Aldo Moro, Vittorio Bachelet. Ma soprattutto il futuro Paolo VI che - spiega il presidente della Cei - «ha educato» una classe dirigente che «per qualità umane e visioni politiche è stata senza dubbio tra le migliori dell'intera storia dell'Italia unita». E accennando a Carlo Carretto esorta i «giovani cattolici» a fare «udire la voce con coraggio e con libertà» gridando «casa e lavoro» come fece il "Piccolo Fratello" nel 1948. La conclusione è legata a un tema caro all' arcivescovo di Perugia-Città della Pieve: il bisogno di «formare una nuova classe dirigente, capace, onesta e responsabile, che investa sulle giovani generazioni». Come fece la Fuci nel secondo dopoguerra.
Giacomo Gambassi
Avvenire, 4 maggio 2018