UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Attenzione, le classifiche non sono giudizio di Dio

Il commento di Marco Erba: la scuola è molto di più di un laboratorio di selezione dei migliori
11 Novembre 2021

Anche quest’anno le classifiche Eduscopio della Fondazione Agnelli erano attesissime: sul sito scorreva da tempo il countdown. Come sempre, i mezzi di informazione pubblicheranno tali classifiche e moltissimi correranno a vederle: allievi, insegnanti, genitori di ragazze e ragazzi chiamati a scegliere la scuola superiore. Le classifiche Eduscopio secondo molti sono dei chiari indicatori della qualità di insegnamento delle scuole, visto che si basano sui risultati accademici ottenuti dagli studenti che quelle scuole hanno frequentato. In un mondo dove la valutazione del servizio formativo offerto non è pratica diffusa, le classifiche Eduscopio riempiono in effetti un vuoto. Per molti sono addirittura il 'giudizio di Dio', che sancisce inequivocabilmente quali sono le scuole che possono accedere al paradiso della qualità e quali invece devono sprofondare nel limbo dei mediocri. Ma davvero queste classifiche rispecchiano la qualità delle scuole?

Io penso assolutamente di no. Penso che misurare la qualità della scuola sulla base delle prestazioni scolastiche degli allievi sia del tutto fuorviante. Penso che sia l’ennesimo cedimento alla mentalità dei numeri, del Pil, della competitività sempre e comunque, che quasi nulla ha a che fare con l’essenza della scuola. La scuola è molto di più di un laboratorio di selezione dei migliori. La scuola, prima di tutto, è un’istituzione educativa. I grandi insegnanti che ho avuto come prof e che ho come colleghi sono grandi educatori che usano la lo- ro materia per toccare la vita delle ragazze e dei ragazzi con cui hanno a che fare. Per questo una scuola basata sulla pura prestazione scolastica dimentica il suo ruolo. Una scuola deve accompagnare a crescere. Un insegnante deve essere un allenatore che incoraggia i suoi atleti perché migliorino sempre di più, non un inflessibile arbitro, che fissa l’asticella a una determinata altezza per giudicare, senza alcuna partecipazione emotiva, chi è dentro e chi è fuori. Un grande insegnante vuole bene ai propri studenti, o almeno sa guardarli con simpatia, offrendo un’apertura di credito anche quando è difficile, anche quando loro ce la mettono tutta per impedirlo.

Per questo, se un allievo fa fatica, ma si impegna al massimo, e io prof capisco che può farcela, lo incoraggerò, lo sosterrò, lo spingerò a dare il meglio. Non gli regalerò niente, ma gli farò percepire che sono suo alleato. E magari lui ce la farà, anche se con risultati non eccellenti; magari otterrà un sudato diploma, che per me insegnante, per me scuola, sarebbe un risultato eccellente, uno strepitoso successo educativo. E non importa se quello studente all’università non prenderà volti altissimi e magari nelle classifiche Eduscopio ci farà perdere qualche posizione. Una scuola di qualità è esigente, ma con umanità, con amorevolezza. Una scuola di qualità premia le eccellenze, ma è inclusiva e accompagna chi è in difficoltà. Una scuola di qualità ha a cuore le persone prima dei numeri e delle prestazioni. Vede i voti non come una mannaia, ma come appigli per scalare una montagna, per crescere sempre di più.

Le classifiche Eduscopio possono avere a volte pesanti effetti distorsivi. Ci sono scuole che occupano da anni i primi posti e che quindi sono ambitissime. Risultato? Moltissimi studenti chiedono di andarci, in alcuni casi si fanno addirittura test di ingresso per selezionare i migliori. Ma non è fin troppo facile insegnare agli studenti più bravi sulla piazza? Non è fin troppo facile vincere il Campionato con undici fenomeni in campo? Non è fin troppo facile, in questo modo, ottenere risultati di eccellenza? Per contro, alcune scuole, ottimi ambienti educativi, che sanno accompagnare alla grande i loro studenti, sono penalizzate in classifica e perdono iscritti, non vedendo premiato il loro lavoro. E che dire delle scuole che si trovano in contesti sociali disastrosi, ma che lottano con tutte le forze per tenere le ragazze e i ragazzi a scuola, per proporre loro un cammino educativo, pur con tutti i limiti che ci sono? Come si possono confrontare con scuole non distanti nello spazio, ma che si trovano in contesti sociali differenti?

Non voglio fare generalizzazioni. Ci sono certamente scuole di eccellenza assoluta che occupano i primi posti delle classifiche Eduscopio. Ma ci sono scuole altrettanto eccellenti che non vengono premiate da quelle classifiche. Pertanto, ritengo tali classifiche solo uno degli indicatori della qualità di una scuola, di certo non il più importante. Ma allora come scegliere la scuola per i propri figli? Non è facile rispondere e non pretendo di avere soluzioni. Anche in questo caso, credo sia fondamentale la relazione. Si tratta di entrare in un ambiente, di provare a conoscerlo da vicino, di parlare con le persone che lo abitano, insegnanti e studenti, di ascoltare chi lo frequenta o lo ha frequentato. Si tratta di cogliere lo spirito di squadra che si respira, la voglia di mettersi in gioco. Non è facile, lo so, ma già provare a guardare una realtà educativa per quella che è, senza l’ossessione del prestigio e della prestazione, è un utile punto di partenza.

E come fare per valutare la qualità dell’insegnamento di una scuola? Anche su questo ho più domande che risposte. Ma in una delle scuole in cui ho insegnato, a fine anno, gli studenti, in modo anonimo, avevano la possibilità di valutare l’operato dei loro docenti sulla base di una serie di indicatori, sia umani che didattici. Conservo ancora quei risultati: per me sono stati estremamente significativi e utili per crescere professionalmente. Li ho sempre trovati veri: guardandomi dentro, mi rendevo conto che coglievano i miei punti di forza e mettevano in luce ciò su cui avevo bisogno di lavorare. Ora qualcuno mi dirà che non ci si può fidare degli studenti, che non sono abbastanza maturi, che non devono permettersi di valutare un loro docente... Non la penso così: forse a volte noi prof potremmo scendere un po’ di più dal piedistallo e metterci in gioco. Fidarsi degli studenti è certo un rischio, ma educare senza correre rischi è davvero impossibile.

Marco Erba, insegnante e scrittore

Avvenire, 11 novembre 2021

(foto da famigliacristiana.it)