In attesa di capire se i Comuni siano riusciti a presentare i progetti necessari a coprire gli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per gli asili nido (la proroga del bando è scaduta ieri e, rispetto ai 2,4 miliardi di euro a disposizione, finora sono arrivate richieste di finanziamento pari a 1,2 miliardi, cioè la metà delle risorse previste), la società civile si muove per offrire alle famiglie un servizio fondamentale per incrementare l’occupazione femminile e il tasso di natalità, drammaticamente in caduta libera e non da ora.
È il caso della Fondazione “Con i bambini”, che attraverso il bando “Comincio da zero” ha selezionato 35 progetti per l’attivazione di 23 nuovi nidi o micro-nidi, 14 nidi in famiglia, 7 nuove sezioni primavera, 1 scuola dell’infanzia e oltre 170 servizi integrativi. Iniziative che coinvolgeranno oltre 21.500 bambini sotto i 6 anni e più di 17mila genitori. I progetti saranno sostenuti complessivamente con 28 milioni di euro.
«I nidi rappresentano una questione cruciale per lo sviluppo del Paese – ricorda Marco Rossi-Doria presidente di “Con i bambini” – come dimostra anche la scelta di porlo tra le priorità del Pnrr. Più nidi e servizi per la prima infanzia comporta non solo più famiglie che possono conciliare lavoro e genitorialità, ma meno dispersione scolastica e meno costi che ne conseguono. Ciò è ancor più vero se si creano comunità educanti attorno a questi spazi, alleanze educative tra scuola e terzo settore, istituzioni, capaci di accompagnare nella crescita bambini e genitori, spesso fragili».
Tra le priorità, sottolinea Rossi-Doria, «vanno affrontati i divari tra aree meno servite e aree protette, in particolare nel Sud che è distante in media di oltre 18 punti dal Nord». E proprio i Comuni del Mezzogiorno, come ha ricordato pochi giorni fa il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, sono tra quelli che non sono riusciti a partecipare al bando ministeriale scaduto ieri. «I dati del nostro Osservatorio sulla povertà educativa – conclude Rossi-Doria – evidenziano come nelle regioni meridionali con meno nidi è più alta la quota di anticipatari alla scuola dell’infanzia. Viceversa, gli anticipi sono più contenuti in molte delle regioni con maggiore offerta. Questo vuol dire che esiste una domanda che può e deve trovare risposte efficaci e in tempi rapidi, come dimostrano per altro questi progetti, con 11 nuovi asili e l’avvio delle sezioni primavera tutte e 7 al Sud».
Una vera ed efficace progettualità territoriale, però, non può prescindere dal coinvolgimento di tutti gli attori sociali, nessuno escluso. E, invece, come denuncia il presidente della Fism, Giampiero Redaelli, il privato sociale è stato tagliato fuori dalla partecipazione ai progetti del Pnrr. «È questo l’errore di fondo», sottolinea Redaelli, ricordando che «l’offerta dei servizi educativi per la prima infanzia in Italia è garantita per circa il 50% dagli Enti del terzo settore». Scuole paritarie comprese, «che rappresentano il 35% dell’offerta e sono presenti in oltre 4mila comuni».
Se si vuole raggiungere l’obiettivo europeo di garantire un posto al nido ad almeno il 33% dei bambini sotto i 3 anni, priorità anche per i progetti del Pnrr, è necessario coinvolgere le scuole paritarie, secondo il principio di sussidiarietà, ricordato dall’articolo 118 della Costituzione. Che «non ha trovato applicazione neanche davanti ad una emergenza nazionale e a dati evidenti», denuncia il presidente della Fism. Che in una recente audizione al Senato, ha anche chiesto che venissero modificati i bandi, proprio per consentire la partecipazione più ampia possibile. «Le risorse private aggiuntive sarebbero anche un moltiplicatore degli investimenti», conclude Redaelli.
Paolo Ferrario
Avvenire, 1 aprile 2022