UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Ascolto e progetti pedagogici per una cultura dell’infanzia

La scuola come laboratorio di condivisione: «L’educazione avviene nell’intera comunità e non può prescindere da essa»
18 Aprile 2023

Chiamiamo infanzia la prima età dell’uomo compresa, in senso stretto, fra la nascita e l’uso completo della parola e definiamo bambino l’uomo che vive questa prima età. Per molto tempo il bambino è stato considerato come un adulto in miniatura, una persona da adultizzare precocemente. È il messaggio che, purtroppo, ancora oggi i media, la moda e alcuni programmi televisivi trasmettono e che fa da riferimento educativo agli atteggiamenti e alle aspettative di quei genitori che mettono al primo posto non il ben- essere dei figli, ma il successo da raggiungere a tutti i costi.

Psicologi, sociologi e pedagogisti, in particolare a partire dal secolo scorso, hanno evidenziato come il bambino debba essere riconosciuto e valorizzato come tale perché l’infanzia ha “dignità propria, da vivere in modo rispettoso delle caratteristiche, delle opportunità, dei vincoli che connotano ciascuna fase dell’esistenza umana” (Linee pedagogiche per il sistema integrato zero sei).

L’infanzia, allora, è molto più di un periodo della vita, è la concezione che l’adulto e la società hanno del bambino. A ogni idea di infanzia corrisponde un atteggiamento educativo da parte del mondo adulto. Alla visione di infanzia che ha una propria dignità corrisponde un atto educativo che sa valorizzare la specificità di questa età, senza lasciarsi condizionare da logiche dominanti che, nella pratica, annullano la distanza tra il mondo del bambino e il mondo degli adulti.

Dalla dignità riconosciuta all’infanzia discendono i diritti dei bambini. Dare risposte ai loro diritti e rispettare le caratteristiche di questa stagione della vita è proprio di una visione dell’infanzia che si concretizza in un’azione educativa che sa evitare precocismi, dà attenzione ai vissuti concreti, non forza i tempi del bambino e lo accoglie con i suoi limiti e potenzialità per valorizzarlo nella sua unicità e originalità. L’azione educativa per essere efficace chiede la capacità di ascolto dei bambini perché l’ascolto forma e aggiorna la cultura dell’infanzia evitando che resti vincolata a visioni del passato senza aprirsi ai nuovi sguardi che la complessità della società chiede di assumere per rispondere ai bisogni dei bambini di oggi.

Parliamo di cultura dell’infanzia non perché le singole fasi della vita sono divise da confini e separate da barriere, ma perché siamo chiamati a creare le condizioni che permettano ad ogni bambino di essere protagonista della sua crescita.

Cultura deriva da coltivare. Si coltiva la terra prendendo gli opportuni accorgimenti per rispettare e valorizzare la tipologia di terreno che ha caratteristiche diverse da terreno a terreno, da zona a zona, si “coltiva” l’uomo preparando un ambiente educativo che, valorizzando la dignità dell’infanzia, rispettando l’unicità e l’originalità di ognuno e personalizzando le azioni educative, permetta ad ogni bambino di sviluppare tutte le potenzialità di relazione, autonomia, creatività e apprendimento.

Oggi i servizi e le scuole dell’infanzia che costituiscono il “sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai sei anni” sono chiamati a vivere la cultura dell’infanzia con una visione unitaria del percorso educativo.

È il grande compito affidato ai servizi e alle scuole dell’infanzia: progettare e vivere un percorso educativo, da condividere con le famiglie e il territorio, che ha come riferimento l’infanzia con la sua dignità e suoi diritti e come fine lo sviluppo armonico e integrale della personalità. Si progetta, allora, non per disegnare schemi rigidi, ma per ricondurre sempre alla finalità i diversi momenti educativi.

La scuola, esercitando la sua autonomia che la rende libera nei confronti del pensiero dominante, si contrappone, allora, a una rappresentazione dell’infanzia che confonde il mondo dei bambini con il mondo degli adulti, per proporre alle famiglie e al territorio un progetto educativo che salvaguarda il pensiero, la meraviglia, lo stupore del bambino di fronte alla realtà alla quale si avvicina con modalità che si differenziano da quelle degli adulti.

È indispensabile coinvolgere famiglie e territorio nel processo educativo perché l’educazione avviene nell’intera comunità e non può prescindere da essa. La scuola diventa così un laboratorio di comunità per condividere e vivere insieme la cura dell’infanzia con la consapevolezza che le relazioni che si vivono nel territorio danno forma alla vita di ognuno.

Vivere nella comunità la cultura dell’infanzia permetterà a ogni bambino esperienze di vita buona che lo aiuteranno a dar forma alla sua vita e, diventato adulto, anche dovesse dimenticare le azioni che l’hanno coinvolto e le opportunità che gli sono state offerte, vivrà sempre il sapore e il profumo della cura ricevuta e la bellezza della sua infanzia.

Giovanni Battista Sertori, Presidente Fism Bergamo

Avvenire, 18 aprile 2023