E chi non ce l’ha fatta? Spesso la bocciatura di un figlio si traduce in una dura prova per l’intera famiglia, che nell’insuccesso scolastico vede riflesse le fragilità del ragazzo ma anche messa in discussione la propria capacità educativa, insieme a quella della scuola. La delusione per un verdetto negativo, specie seinatteso, genera risposte rabbiose, desideri di rivalsa, atteggiamenti punitivi di vario tenore, che però di rado portano poi al riscatto desiderato. Così il figlio bocciato rischia di entrare in una spirale negativa dalla quale fatica a uscire, e con lui i legami più significativi della sua vita. Ma tra le reazioni all’anno daripetere c’è anche la consapevolezza di un bagno di realtà col quale fare i conti senza drammi e con la determinazione a farne un’occasione per crescere insieme. Non c’è fallimento che in sé non abbia la chance per il riscatto: su questa tesi proponiamo qui alcuni estratti delle riflessioni di un educatore e un pedagogista, tratte da Avvenire del 29 giugno 2019.
FERMARE ALLE SUPERIORI? «THIS IS NOT THE QUESTION»
Caro direttore, mi capita di frequente di essere coinvolto in discussioni sull’opportunità o meno di bocciare gli studenti alle superiori. Si affrontano due scuole di pensiero inconciliabili: una sostiene che bisogna traghettare il ragazzo pressoché a tutti i costi:no child left behind,nessun ragazzo deve essere lasciato indietro, soprattutto per non abbatterlo con un giudizio negativo che in giovane età inciderebbe fortemente sulla crescita della sua autostima. O magari per evitare situazioni quanto meno non armoniche, pro bono pacis. L’altra punta di più su una presunta oggettività dei numeri, sulla giustizia e sui processi di orientamento e di selezione necessari a una formazione seria e responsabile. E ci si appella alle statistiche per difendere le diverse posizioni sulle conseguenze economiche, sociali, di successo formativo o meno delle bocciature.
Per il docente la vera questione non è se ma perché e come bocciare o non bocciare. Non si tratta cioè di avere un’idea astratta sull’opportunità della bocciatura ma di aiutare lo studente a leggere la sua situazione, a capire i veri motivi del suo insuccesso scolastico. In realtà tutte e due le scuole di pensiero sulla bocciatura – sia quella pro che quella contro – dovrebbero fare di più i conti con la questione vera, che dovrebbe essere dirimente: il bene del ragazzo. L’educatore ha come missione introdurre il ragazzo alla realtà, fargli vedere come stanno le cose, senza giudicare la sua persona, anzi, stimandola incondizionatamente. Ma è tenuto a giudicare – e decisamente! – la situazione in cui lo studente si trova.
Non ci nascondiamo dietro a un dito. In questi tempi truccare la realtà, proteggere, creare una bolla dove sembra che tutto vada bene è più tollerato e apprezzato che non il rigorismo o il possibile conflitto. Ma certe cose vanno dette comunque a uno che ha dei debiti: 'Tu hai bisogno di aiuto'. Occorre poi specificare il tipo di aiuto di cui il ragazzo ha bisogno. Può trattarsi del metodo di studio, oppure della mancanza di ragioni e/o di energia affettiva per sedersi a lavorare, o ancora della solitudine o delle difficoltà cognitive. A seconda del problema si devono indicare i possibili tipi di intervento. In questo contesto, avendo presenti il grado di deficit, un possibile bisogno di riorientamento, la volontà reale del ragazzo di farsi aiutare, le difficoltà oggettive per affrontare l’anno successivo, e così via, occorre rischiare una decisione che pensi al bene del ragazzo. This is the question. Questo è il punto.
Una buona scuola, statale o paritaria che sia, è già di per sé un ambiente accogliente, che sprona e traghetta chi vive stati d’animo e fatiche alterne, debolezze proprie dell’età o di altra natura. Un ambiente con un certo numero di compagni tirati su bene in famiglia e con docenti competenti nella didattica e con dedizione educativa rappresenta un grande bene. E aiuta. In questo contesto una mossa positiva dello studente – non importa quanto eclatante – va valorizzata senza troppi calcoli. (...)
Ogni ragazzo è unico e capisce benissimo se è guardato dagli insegnanti come persona o come un nome sul registro. La valutazione morale della persona non riguarda il docente. All’educatore tocca scoprire il valore in sé della sua esistenza.
Solo così, in un alveo deciso e certo di interesse e stima per la sua persona e il suo percorso umano, si può avere la libertà di valutare la situazione scolastica. Noi educatori a volte temiamo di farlo perché noi per primi, in fondo, pensiamo che uno vale per quanto riesce a combinare nello studio. È possibile dare un 10 con gusto, ma in maniera pacata, senza far coincidere il valore dello studente come persona con quel voto. Anche un 3 va dato convinti che possa essere una risorsa e che il ragazzo sia in grado di coglierlo. Se gli adulti su questo non hanno chiarezza ed entusiasmocertamente non saranno di aiuto per vivere bene quel 10 o quel 3.
Quando le ragioni di una bocciatura sono adeguate ci si può trovare con un genitore arrabbiato (spesso con tutti: scuola, figlio, sé stesso) o con un genitore sereno e grato. Male su male, o male come occasione di bene. Talvolta i ragazzi subiscono l’atteggiamento dei loro genitori, e attualmente è la debolezza di giudizio degli adulti che rendefragili i ragazzi.Ho visto un uomo maturo, contento, con una vita compiuta, dire a un quattordicenne bocciato: «Io da ragazzo sono stato bocciato due volte». Gli occhi abbassati di quel ragazzo si sono di colpo illuminati. Con quelle parole non negava un fallimento scolastico ma ne faceva occasione di bene. Altro che un anno perso! Valutare la valutazione, coglierne il motivo, e trarre una lezione per la vita.This is the question. Questo è il punto.
Josè Claveria
Rettore della Fondazione Sacro Cuore, Milano
IN CASO DI BISOGNO, I CONSIGLI PER I GENITORI
«Ci spiace comunicarleche suo figlio non è stato ammesso alla classe successiva ». È la formula di rito per avvisare le famiglie in caso di bocciatura. Una comunicazione che, se si manterranno le percentuali dello scorso anno, in questi giorni riceverà circa il 7% delle famiglie con figli alle superiori. Poche ( cinque anni fa la percentuale dei bocciati era del 9,8%), ma comunque alle prese con un fallimento che, oggi più che mai, sembra faticosissimo affrontare.
In questi casi, le reazioni più frequenti dei genitori sono tre: c’è chi se la prende con la scuola e con i singoli insegnanti, chi piange e sprofonda nella 'vergogna sociale' e chi opta per severe misure punitive. Tre reazioni diverse ma sempre figlie di una fragilità educativa oggi diffusa e con ricadute pesanti sui figli. Perché, chiariamolo subito, una bocciatura è solo una bocciatura, non è un dramma e non è un giudizio sull’intelligenza o sulla vita del ragazzo. Nell’immedesimazione che oggi c’è tra genitori e figli, frutto di un investimento narcisistico che non ha precedenti nella storia, finisce infatti che l’insuccesso scolastico venga amplificato, drammatizzato, finché non appartiene più solo al vissuto degli alunni ma a quello dei genitori che si sentono loro stessi 'bocciati', segnati dal marchio del fallimento.
Certo, perdere l’anno non è una cosa positiva, infatti io auspico una scuola che esca dalla logica del giudizio. Perché la bocciatura rallenta il percorso del ragazzo, ne prolunga la dipendenza, ne ritarda la conquista dell’autonomia. In più, sul piano psicoevolutivo, un insuccesso come questo lascia sempre una sensazione di inadeguatezza contro la quale i genitori devono rimboccarsi le maniche: ecco perché, nuovamente, è molto importante che la reazione famigliare sia quella giusta. Altrimenti, lo dicono le statistiche, ci sono altissime probabilità che un alunno bocciato ripeta l’esperienza anche l’anno successivo. Occorre quindi tenere a bada l’emotività, non punirlo (la bocciatura è già una punizione) e cominciare subito a ragionare insieme a lui sull’opportunità di cambiare scuola o, magari, sezione, per indirizzarsi su un percorso più adatto e, soprattutto, per non prolungare nel tempo il peso di questo giudizio, cosa inevitabile se si resta nella stessa scuola, con gli stessi insegnanti. Se la famiglia reagisce nel modo giusto, una bocciatura si supera e per il ragazzo può iniziare un percorso di maturazione. Non per niente sono numerosi i casi di 'bocciati illustri', persone che poi hanno raggiunto ottimi risultati nello studio e nella professione. Ma questo può accadere solo se non ci facciamo travolgere dall’emotività e dalla rassegnazione.
Daniele Novara
pedagogista