UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

“Anche l’Università riparte”

Bergamo, il ministro Manfredi all’inaugurazione delle lezioni
1 Ottobre 2020

Non è la somma di tanti singoli studenti. È qualcosa di più, il mondo dell’università. Ripartire con le lezioni in presenza, e «in sicurezza », è dunque «necessario per ricreare un senso di comunità, anche attraverso il contatto umano. Stiamo lavorando bene, sono fiducioso per questo nuovo inizio». Gaetano Manfredi, ministro dell’Università, ha scelto Bergamo per 'inaugurare' le lezioni di nuovo al via nei diversi atenei del Paese, dove ancora comunque ancora s’intrecciano corsi frontali e didattica online. A Bergamo, terra simbolica, nella tensostruttura allestita all’interno del Lazzaretto seicentesco, altra rincorsa metaforica, il ministro ha proclamato gli oltre mille studenti che si erano laureati a distanza durante il lockdown: «Le università non hanno mai chiuso neanche durante la guerra: sono uno dei luoghi da cui ripartire».

«Questo è un giorno importante per il territorio e il Paese. Bergamo ha mostrato il più alto esempio di senso di responsabi-lità, anche per quanto fatto dall’università: i colleghi europei portano l’Italia come esempio di risposta per quanto riguarda il sistema universitario» ha sottolineato Manfredi, prima di guardare al futuro. Che passa da ricerca e formazione. «Abbiamo grandi sfide davanti e dobbiamo essere capaci di interpretare il cambiamento, mettendo al centro i valori della persona, il senso della comunità e l’equità – le parole del ministro, dal palco del Lazzaretto –. Uno degli asset fondamentali sarà la digitalizzazione. L’università italiana è avanti rispetto alle aziende e può rappresentare la guida per la trasformazione del Paese. Avere una sovranità tecnologica, per esempio, è il modo migliore per avere sovranità politica». Servono le giuste risorse, però. «Già nei mesi scorsi abbiamo investito 1,4 miliardi di euro per il diritto allo studio, dando agli atenei la possibilità di abbassare le tasse e ridurre il digital divide – segnala Manfredi –. L’università resta centrale. Con la pandemia era sorta la preoccupazione per una possibile riduzione delle iscrizioni, come accaduto con la crisi del 2008 che portò a un -20% di studenti: i primi dati invece ci dicono che gli studenti immatricolati stanno invece aumentando. Il Paese crede al valore della formazione, ma è necessario che lo Stato dia sostegno. Nell’ambito del Recovery fund, auspichiamo di promuovere un cambio di passo negli investimenti, allineando l’Italia alla media europea di spesa per formazione e ricerca. Questo è il miglior modo per onorare i sacrifici di tutti».

Per Remo Morzenti Pellegrini, rettore dell’Università degli Studi di Bergamo e presidente della Conferenza dei rettori lombardi (arrivò da qui, già il 22 febbraio, la prima proposta di chiudere le università come misura anti-contagio), «la giornata ha voluto celebrare un traguardo conseguito nei mesi terribili e difficili del lockdown: con la proclamazione dei laureati si concretizza la ripartenza, una vera e propria rinascita».

Luca Bonzanni

Avvenire, 1 ottobre 2020