La scuola si scopre disarmata di fronte alla prepotenza di pochi che, però, si ripercuote sulla serenità di tutti. Alunni e insegnanti sono quasi “ostaggio” di gruppuscoli di violenti, verso cui i dirigenti scolastici hanno, al più, il potere di una “ramanzina”. «Siamo al centro di tutto ma siamo senza poteri», conferma Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp). Fino al 1998, il preside poteva autonomamente decidere di punire alunni violenti con una sospensione fino a cinque giorni. Da vent’anni in qua, invece, le sanzioni devono essere stabilite dal Consiglio di classe e, per i casi più gravi, come quelli di Lucca e Velletri ma anche gli altri di questi ultimi mesi, dal Consiglio d’Istituto.
«Così è impossibile intervenire con efficacia e tempestività, perché, a causa dei tempi del procedimento amministrativo da istruire, come minimo, dal fatto all’eventuale sanzione pos- sono passare anche sette-dieci giorni », sottolinea Giannelli. Che, comunque, ricorda come i presidi siano obbligati a denunciare gli episodi più gravi all’autorità giudiziaria, per non incorrere, a loro volta, nel reato di «omissione di denuncia».
«Servirebbero serietà e severità», continua il presidente dell’Anp, associazione che nel Lazio sta addirittura pensando di organizzare dei corsi di “sopravvivenza” per dirigenti. «Per questo – riprende Giannelli – rinnoviamo la richiesta di poter intervenire celermente con l’allontanamento immediato di chi si rende responsabile di comportamenti che nulla hanno della cosiddetta goliardata, ma sono dei veri e propri reati».
Una «linea rigorosa nelle sanzioni», che possono arrivare fino alla «non ammissione allo scrutinio finale», è sostenuta anche dalla ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, che invita a «reagire con fermezza ». La ministra torna a lanciare un appello ai genitori affinché insegnino ai figli che il «rispetto», deve essere il «valore centrale per la scuola e per l’intero Paese». «Ripartire dal rispetto e dalla fondamentale importanza della figura dei docenti – aggiunge –. Mai minimizzare e anzi subito denunciare episodi di violenza verbale o fisica, linea rigorosa nelle sanzioni: ecco la strada da seguire affinché non si debba più assistere a immagini come quelle che ci sono giunte da Lucca e da Velletri». Una condanna alle «inaccettabili» aggressioni e violenze verbali ai danni di insegnanti - a cui ha assistito circa il 7% degli studenti italiani, secondo una rilevazione di Skuola.net – arriva anche dalla segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. «Il bullismo nelle scuole umilia il lavoro e la dignità di migliaia di docenti che meritano più rispetto per il ruolo fondamentale di educatori e formatori. Bisogna ricomporre questa frattura tra giovani, famiglie ed insegnanti», ha scritto su twitter.
Arginare bulli e violenti è possibile anche mettendo in pratica nuovi metodi d’insegnamento. Lo sta sperimentando sul campo Luigi D’Alonzo, docente di Pedagogia speciale e direttore del Centro studi e ricerche sulla disabilità e la marginalità dell’Università Cattolica. Dall’inizio dell’anno scolastico, sta lavorando con 24 classi pilota della provincia di Varese al progetto, unico in Italia, della “Differenziazione didattica”. «Gli studenti – spiega il docente – non sono tutti uguali e hanno bisogni differenti cui la scuola deve saper rispondere. Farli lavorare a piccoli gruppi, farli appassionare alla materia attraverso il superamento della classica lezione frontale, sono modalità di una nuova gestione della classe, efficaci nella prevenzione di comportamenti inopportuni».
A monte resta comunque il rapporto scuola famiglia, niente affatto scontato, soprattutto di questi tempi. «La scuola è quasi in ginocchio di fronte alla maleducazione dilagante», denuncia Giancarlo Frare, presidente dell’Agesc, l’Associazione dei genitori delle scuole cattoliche. «Davanti a casi di questa gravità – sottolinea – emergono, ancora una volta, la solitudine e il silenzio della famiglia. Per questo, come genitori, dobbiamo tornare a riscoprire il nostro ruolo educativo, perché i figli hanno bisogno di figure adulte significative di riferimento. Servono maestri a cui guardare».
Paolo Ferrario
Avvenire, 20 aprile 2018