UFFICIO NAZIONALE PER L'EDUCAZIONE, LA SCUOLA E L'UNIVERSITÀ
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

A Brancaccio non c’è posto per l’asilo

Palermo tradisce ancora don Puglisi
19 Ottobre 2022

«Sarebbe l’ennesimo favore alla mafia». Ha la voce decisa Maurizio Artale mentre racconta il nuovo affronto che potrebbe subire Brancaccio, il quartiere “dimenticato” di Palermo che per anni è stato la roccaforte di Cosa Nostra e che ha fatto da sfondo all’assassinio di padre Pino Puglisi il 15 settembre 1993. Artale guida il Centro di accoglienza Padre Nostro che il sacerdote “scomodo” aveva fondato nella sua città e che sta trasformando il volto dell’ex bunker della malavita con iniziative e servizi sulle orme del beato. Il «favore» di cui parla il presidente del Centro è l’imminente dissolvenza a nero sull’ultimo sogno che aveva il parroco della “rivoluzione evangelica”: costruire un asilo nido proprio a Brancaccio. Convinto che il riscatto della sua gente partisse dall’educazione dei più piccoli.

Sembrava che il suo desiderio – alla vigilia del trentesimo anniversario del martirio – fosse a un passo dal concretizzarsi. Terreno concesso dall’amministrazione comunale dove si trovava una discarica abusiva. Progetto pronto e donato al Comune dal Centro Padre Nostro, anche attraverso i fondi raccolti fra i lettori di Avvenire e con il contributo della Fondazione Giovanni Paolo II, la onlus per la cooperazione e lo sviluppo sostenuta dalla Cei e dalle diocesi della Toscana. Via libera di papa Francesco che durante la sua visita a Palermo nel 2018, per i 25 anni dall’omicidio di padre Puglisi, aveva benedetto l’iniziativa davanti ai familiari del sacerdote. Tre milioni e mezzo di euro stanziati dallo Stato, durante il governo Conte I, attraverso il Fondo di sviluppo e coesione. Soldi, però, «che adesso rischiano di essere revocati, senza i quali dovremmo dire “addio” all’intero intervento», denuncia Artale. Un’eventualità tutt’altro che remota. «Se entro il 31 dicembre non ci sarà l’aggiudicazione dell’appalto, il finanziamento salterà – continua il presidente –. Ma purtroppo non ci sono i tempi tecnici per arrivare a quello step. Non è stata bandita neppure la gara. E, anche se venisse indetta domani, dovrebbe andare in porto senza ricorsi in poco più di due mesi: impossibile».

I ritardi hanno soprattutto un “colpevole”: l’amministrazione comunale. Ed è al nuovo sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, e alla sua giunta che Artale si rivolge: «Facciamo di tutto perché non si uccida una seconda volta padre Puglisi». Poi l’appello al futuro governo Meloni: «Sta per nascere il nuovo esecutivo nazionale. Se ha a cuore don Puglisi e la sua eredità cara anche al Papa, inserisca fra i suoi primi atti quello per salvare l’asilo del beato: la proroga per il finanziamento». In realtà, una dilazione era già stata concessa lo scorso anno. Sempre per i muri alzati dal Comune. Artale chiama in causa la precedente giunta, quella targata Leoluca Orlando, che non aveva inserito il progetto nel piano triennale delle opere pubbliche: condizione necessaria per sbloccare la somma decisa a Roma. Poi, però, un emendamento aveva piazzato il plesso nell’annualità 2023. Le elezioni amministrative e il passaggio di consegne hanno rallentato di nuovo l’iter.

«L’asilo dà fastidio: ne siamo consapevoli – afferma il presidente del Centro –. Come aveva intuito padre Puglisi, per demolire lo zoccolo duro che alimenta la mentalità mafiosa occorre guardare ai bambini. Se tutto ciò non lo si intende fare, è bene ammettere con onestà che la lotta alla mafia non è un’urgenza. Perché non la si può demandare unicamente alle forze dell’ordine e alla magistratura. Insegnare fin da piccoli a dire “permesso”, “grazie” e “scusa”, come ricorda papa Francesco, significa impostare la vita nel segno del rispetto e della giustizia. Non basta solo continuare la caccia al super latitante Matteo Messina Denaro...».

È all’avanguardia la scuola targata “3P” che accoglierà sessanta alunni fino a tre anni: tutta in legno, con i pannelli solari sul tetto e un impianto di recupero dell’acqua piovana. Come non ce n’è di simili a Palermo. Città dove un bambino su due non riesce a trovare un posto al nido. «Don Pino non può essere morto invano – dichiara Artale –. Affossare il suo asilo vuol dire offrire un assist alla criminalità organizzata e riaffermare che Brancaccio deve restare così come, ossia con i ragazzini per strada, con gli adolescenti che continuano a spacciare, con gli indigenti che non hanno occasioni di rinascita, con le famiglie che sono sempre ricattabili e quindi comprabili. Perciò c’è bisogno di unire due volontà: quella di Palermo e quella di Roma. Sosteneva il beato Puglisi: non chiediamo favori alle istituzioni ma che facciano il loro dovere». E se non accadesse? «Se l’asilo svanisse, non ha senso che resti in vita il Centro Padre Nostro. Lo chiuderemo. Abbiamo creato campi sportivi, teatri, poli di aggregazione, un centro anti-violenza, la casa del Figliol Prodigo per i detenuti in permesso premio. Ma non mettere al primo posto i più piccoli equivale ad andare contro il Vangelo. Guai a scandalizzarli per i giochi di potere che per di più alla mafia fanno molto comodo».

Giacomo Gambassi

Avvenire, 19 ottobre 2022